Ambiente e salute: un titolo generico per un problema complesso

10.02.2021

Il titolo impone una profonda riflessione che intreccia nutrizione e ambiente, due temi in realtà estremamente collegati.  Il mondo dei professionisti della nutrizione è solito ragionare su calorie e proprietà nutrizionali degli alimenti, spesso senza considerare che queste ultime dipendono dalla produzione primaria (agricola) delle materie prime. Ciò che ci rende più sani non sono le cose che mangiamo, ma le sostanze che le compongono, gli alimenti divengono quindi prima involucri, “figli” del settore primario (agricoltura), poi nutrienti capaci di esercitare un ruolo nella biologia umana. Il nutrizionista non deve solo educare il consumatore alla matematica del deficit calorico o all’esaltazione di singoli fito-nutrienti, non dovrebbe nemmeno esaltare un singolo alimento con “proprietà nutrizionali favolose”, dovrebbe educare alla scelta consapevole dei cibi, inducendo, in linguaggio economico, la domanda, a generare un’offerta sostenibile che rispetti l’ambiente. 
L’esaltazione dei singoli nutrienti è figlia di una visione sterile della nutrizione, abbondare nel consumo di una singola vitamina non ci farà stare meglio, dobbiamo avere una visione d’insieme per quanto riguarda la nutrizione. Il singolo nutriente non può favorire la salute umana, abbiamo bisogno di varietà, tanto che un microbiota intestinale ad alta biodiversità (alta numerosità di specie batteriche nell’intestino), è definito salutare. Eppure, se pensiamo all’ambiente primario vediamo esattamente l’opposto, campi sterminati di monoculture agricole, alimentate da terreni resi asettici dall’industria fitosanitaria e dalla presenza costante, per l’appunto, di mono coltivazioni. La mancanza di varietà nel ciclo agricolo produttivo comporta l’impoverimento dei terreni; cosa che non accadrebbe se si generasse una rotazione di culture sui campi, oppure, anche se l’operazione diventerebbe più complessa, in parallelo a ciò che accade con gli orti sinergici o le permaculture, si potrebbero coltivare più varietà botaniche sugli stessi appezzamenti di terreni, in modo che le specie collaborino attraverso una mutua reciprocità alla massima resa potenziale.   
Se “il destino delle nazioni dipende dal modo in cui si nutrono” (J. A. Breillat-Savarin), il futuro della Terra è strettamente legato alle scelte più o meno sostenibili delle agricolture nazionali che hanno l’obbligo di indirizzare il proprio operato. Per cui cosa potremmo fare? Non è semplice saper acquistare, avere la consapevolezza di fare la scelta più coerente con la propria voglia di benessere e rispetto per l’ambiente. Bene, una prima soluzione è quella di optare per beni alimentari prodotti in Italia; perché? Per la produzione dei gas serra che sono principalmente il metano (CH4) e il protossido di azoto (N2O), la produzione di tali gas è associata soprattutto alle deiezioni animali, l’uso di fitofarmaci sui terreni adibiti a produzione agricola, la coltivazione intensiva ed estensiva del riso e la combustione dei residui agricoli. L’Italia vanta un impatto ambientale più contenuto rispetto al resto dell’Europa ad esempio, e non di poco. 
Sono ormai stanco di sentire le diatribe dei colleghi sulla sicurezza dei pesticidi e sulla mancanza di residui dannosi sugli alimenti proposti al consumatore. La miopia di queste affermazioni è disarmante perché se da un lato, come per gli esseri umani, il farmaco può essere necessario a curare patologie di varia natura, l’eccesso dell’uso dello stesso potrebbe, per usare una metafora sportiva, chiamarsi doping; si, esiste il doping agricolo! Faccio un altro esempio, pensiamo al caffè, in quantità ragionevoli è benefico, contiene acido caffeico, un antiossidante, aumenta la concentrazione ecc.. ma quando assunto in eccesso, soprattutto cronicamente innesca una serie di alterazioni biologiche che portano ad uno squilibrio ormonale, con aumento dei livelli di cortisolo al fine di contrastare l’eccesso degli effetti nervini (eccitanti) prodotti dallo stesso. Scusate il lungo giro di parole, ma in agricoltura è lo stesso, i farmaci agricoli danno e tolgono allo stesso tempo, i terreni si impoveriscono, il microbioma batterico della rizosfera (strato superficiale della terra) perde in termini di ricchezza di specie ed espone le piante a patologie, il “bioma” ambientale si impoverisce e di conseguenza saranno necessari ulteriori trattamenti fito-sanitari alimentando un circolo vizioso. 
 
Sfruttare il “microbioma” e capitalizzare i tratti microbici benefici per l’ospite o per l'ambiente o per entrambi, rappresenta una strada promettente per lo sviluppo di un’agricoltura di nuova generazione più sostenibile (Schlaeppi & Bulgarelli, 2015). 
In conclusione, è impossibile vedere nutrizione, ambiente, condizione psicologica e attività motoria in modo scollegato, pensando di poter esaltare l’una o l’altra cosa. Potremmo allenarci, cercare di alimentarci in modo virtuoso e leggere decine di libri di mindfulness senza avere il massimo risultato possibile perdendo di vista l’eterogeneità e la multifattorialità del benessere. 

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Chaparro, J. M., Sheflin, A. M., Manter, D. K., & Vivanco, J. M. (2012). Manipulating the soil microbiome to increase soil health and plant fertility. Biology and Fertility of Soils, 48: 489–499. https://doi.org/10.1007/s00374-012-0691-4
 
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