Dieta vegana per gli atleti? Facciamo il punto della situazione

21.02.2017

Cosa si intende per dieta vegana?  La dieta vegana è un modello nutrizionale che esclude tutti gli alimenti animali (carne e pesce) e tutti gli alimenti di derivazione animale (uova, latte, miele ecc..). Per completezza va indicato che ci sono altre sottocategorie all’interno della macro categoria vegana, i granivori, i frugivori ed i crudisti.

Spesso si sceglie di alimentarsi in modo vegano per motivi etici, ed in questo caso nulla da argomentare, altre volte lo si fa per motivi a fine salutistici oppure semplicemente per moda. Ognuno ha la propria motivazione, più o meno razionale. In questa sede lo scopo è di trattare l’argomento senza la volontà di influenzare le scelte di ciascun singolo individuo, piuttosto l’augurio è quello di fornire spunti riflessivi. Spesso mi accade di ascoltare dibattiti di colleghi pro e contro questo modello di alimentazione, stigmatizzando la scarsità degli alimenti consumabili dall’atleta vegano e la difficoltà di introitare tutti i nutrienti di cui l’essere umano necessita.  All’opposto si cerca di raccogliere quanto più possibile in merito a letteratura e pubblicazioni anti dieta onnivora, carnivora ecc.

In realtà la dieta vegana ci permette di alimentarci con una vasta quantità di alimenti, frutta, tuberi, verdure, legumi, semi oleosi, frutta secca, cereali, oli, alghe e semi germogliati. L’articolo vuole però trattare l’atleta vegano, non la persona sedentaria. Tra sedentario ed atleta ci sono alcune differenze di tipo genetico, altre indotte dallo stile di vita a cui è sottoposto uno sportivo d’ élite, di conseguenza mi sembra riduttivo pensare che a conti fatti sedentario ed atleta abbiano le stesse necessità nutrizionali. Le domande che mi vengono spesso rivolte riguardano l’apporto dietetico di proteine, vitamina B12, ferro e gli omega 3. Partiamo dalle proteine e cerchiamo di capire se sia valido l’assioma popolare secondo il quale una bistecca può essere rimpiazzata da un piatto di cereali e fagioli. Beh, la risposta è sì, ma a quale prezzo? Per capirlo dobbiamo far riferimento, tra i vari fattori, anche all’indice chimico delle proteine, ossia la distribuzione dei singoli amminoacidi essenziali (EAA) all’interno di un singolo alimento in confronto ai singoli EAA presenti nell’uovo che per convenzione è indicato come l’alimento dalla distribuzione ottimale di amminoacidi (il confronto può essere anche fatto con la composizione amminoacidica delle proteine che compongono il muscolo umano). L’indice chimico ci dà informazioni sulla QUALITA’ delle proteine e non sulla QUANTITA’ di quest’ultime all’interno di un singolo alimento.  Perché la qualità delle proteine è così importante? Perché i 9 amminoacidi essenziali sono fondamentali per il corretto funzionamento della sintesi di nuove proteine, se finisce uno dei 9 AEE non può essere alimentata la macchina biologica deputata a tale produzione e tutto si ferma. E gli amminoacidi rimasti che fanno? Si dematerializzano? No di certo.

La tabella ad istogrammi mostra la distribuzione degli amminoacidi essenziali negli alimenti indicati, mentre la componente in violetto indica gli amminoacidi non essenziali non coinvolti nella sintesi proteica. Si evince che per ottenere un processo di sintesi proteica attraverso gli alimenti di origine animale sia necessario un volume amminoacidico complessivo inferiore rispetto gli alimenti vegetali. Cosa ne consegue? Ne consegue che se assumo 100 gr di petto di pollo assumo 100 Kcal e 23 gr di proteine; per ottenere lo stesso da pasta + fagioli in termini di efficacia della sintesi proteica dovrei assumere più di 4 volte le calorie introdotte con il pollo. Risultato? Devo introdurre molta energia accessoria per mantenere avviata la sintesi proteica, mentre l’eccesso di scheletri carboniosi che costituiscono gli amminoacidi dovranno essere smaltititi producendo intermedi metabolici che concorreranno a donarci energia, che se non consumata, diventerà probabilmente un fardello di grasso all’interno del nostro corpo. Fegato e reni saranno chiamati ad extra lavoro per togliere il gruppo azotato degli amminoacidi dalla loro struttura.

C’è da chiarire che un indice chimico elevato, supponiamo il massimo, ovvero 100, non è sinonimo di assorbimento ottimale da parte del nostro organismo di questi amminoacidi. Per spiegare meglio questo concetto dobbiamo aver ben chiaro cosa si intende per valore biologico delle proteine, ossia la quantità di proteine che riesco ad assorbire e quindi utilizzare rispetto a quelle che introduco. Il valore biologico di un prodotto alimentare è più complesso da stabilire perché dipende da una serie di interazioni biologiche individuali tra alimento e chi lo ha consumato. Anche per stabilire il valore biologico di un alimento lo si confronta con il già citato uovo.

Per quanto riguarda la vitamina B12 va detto che può essere dosata facilmente con semplici esami di laboratorio. Questa vitamina concorre alla formazione della guaina mielinica che avvolge i nostri nervi favorendo la conduzione degli impulsi nervosi necessaria, tra l’altro, ad una massiva ed efficace contrazione muscolare. La sua carenza può portare all’anemia, fattore critico per uno sportivo, a maggior ragione se si tratta di atleti impegnati in discipline di lunga durata, dove ematocrito emoglobina e numero di globuli rossi fanno la differenza. Questi sportivi, soprattutto i podisti, sono soggetti ad emolisi dovuta all’impatto ripetuto dei piedi con il suolo, altra ragione per assumere vitamina B12.

Prima citavo il ferro. Esistono due tipi di ferro, il ferro eme presente negli alimenti animali e il ferro non eme presente nel mondo vegetale. Il primo risulta essere più facilmente utilizzabile per l’organismo rispetto al secondo. Semi di zucca, pistacchi, lenticchie rosse e anacardi sono alimenti appartenenti al mondo vegetale, essi possono contribuire ad alimentare i nostri livelli di ferritina senza garantirne la stessa efficacia in termini di accumulo degli alimenti carnei. Questo accade in parte a causa di acido fitico e ossalati che vanno a chelare “rapire” i minerali presenti nei legumi e nei cereali integrali concorrendo negativamente all’assorbimento di ferro, calcio e magnesio.

Per quanto riguarda gli omega 3 li troviamo presenti soprattutto nel pesce che è ricco delle due componenti essenziali che sono EPA e DHA. Il mondo vegetale presenta delle soluzioni alternative al pesce attraverso la frutta secca che contiene ALA (acido alfa linolenico) il quale viene convertito in omega 3. Resta da chiarire quanto sia efficace tale meccanismo.

In conclusione è possibile seguire un’alimentazione di tipo vegano se adeguatamente seguiti da professionisti del settore. L’utilizzo di integratori come vitamina B12, acidi grassi essenziali, ferro, calcio, zinco e magnesio sono indicati a coloro che decidono di intraprendere questo stile di vita alimentare.  La creatina, presente nella carne, può essere integrata in questi soggetti che risultano essere più sensibili rispetto agli onnivori. Una corretta e strutturata alimentazione, accompagnata ad una sensata integrazione alimentare può consentire all’atleta vegano di non incorrere in cali prestativi.

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